Il neurofeedback è una tecnica – sviluppata negli Stati Uniti circa 30 anni fa – che ricorre agli esami neurologici – neuro= neurologico feedback=risposte -, come l’elettroencefalogramma (EEG) per migliorare le attività cerebrali. Solitamente applicata nel campo della psicologia clinica, della psichiatria o neuropsichiatria, per il trattamento di disturbi da deficit dell’attenzione e iperattività (ADHD), depressione, ansia, epilessia, ma anche cefalee, negli anni più recenti è stata applicata alla terapia di pazienti con disturbi dello spettro autistico. Gli studiosi hanno giustamente ipotizzato che i trattamenti di neurofeedback e autismo potevano essere collegati per migliorare lo stato emotivo e mentale dei piccoli pazienti, come testimoniano le migliaia di articoli scientifici pubblicati a riguardo.
Nei soggetti autistici è dimostrata la presenza di un carico maggiore – talvolta eccessivo – di onde cerebrali di tipo Beta, Delta e Theta mentre è presente un minor numero di onde Alfa, in modo anomalo. Lo squilibrio di questi tipi di onde impattano sull’equilibrio psicofisico, cognitivo e comportamentale del soggetto. Applicando trattamenti di neurofeedback, ossia monitorando la quantità e qualità delle onde cerebrali e, al tempo stesso, modulandone il numero e l’intensità nel tentativo di riportarle in equilibrio, si hanno benefici sulla qualità della vita delle persone affette da autismo e, conseguentemente, di chi si prende cura di loro.
Recenti studi scientifici – Carrick Institute, 2017 – hanno studiato l’applicazione di dispositivi basati sul neurofeedback – come Mente Autism – su pazienti autistici e hanno confermato la validità del trattamento. La tecnica è associata a cambiamenti significativi positivi nella neuroregolazione di bambini affetti da sindrome autistica. Lo studio – di tipo controllato randomizzato, con gruppo placebo- è durato 12 settimane, ha portato a cambiamenti statisticamente significativi nella qualità dell’EEG, nella posturografia e nei risultati dei questionari standard usati per valutare i bambini affetti da autismo.
I cambiamenti sono stati associati in maniera statisticamente e significativamente sostanziale ai pazienti che hanno ricevuto il trattamento rispetto a quelli del gruppo placebo di controllo. Il dispositivo, assolutamente non invasivo, è unico nell’approccio di tipo neurofeedback domestico e non in clinica, un aspetto fondamentale per i piccoli pazienti affetti da autismo e per i loro genitori. Può rappresentare un valido strumento complementare alle terapie NFB, da somministrare comodamente a casa ogni giorno, assicurando la continuità della cura nella più totale comodità dell’ambiente familiare.
I risultati di questo studio sono stati presentati nel settembre 2017 durante la 6° Conferenza internazionale di Cambridge sulla Salute Mentale al Clare College dell’Università di Cambridge, Regno Unito e al Simposio Internazionale di Neuroscienze Cliniche a Orlando, Florida – U.S.A., nel maggio 2018.
Parlando in termini meno tecnici, le ultime novità in fatto di neurofeedback e autismo sono orientate a questi dispositivi, ad uso prettamente domestico da affiancare alle terapie e fisioterapie svolte nei centri deputati al sostegno di bambini autistici. Simile a un caschetto, a una fascia, monitora le onde cerebrali dei piccoli affetti da autismo e al contempo emette dei suoni che stimolano il loro cervello, aiutandolo a mantenere una sorta di “concentrazione”, un’attività cerebrale equilibrata. È una sorta di rieducazione del cervello, un allenamento attraverso il quale esso impara qualcosa di nuovo, nello specifico crea nuovi collegamenti tra le aree cerebrali, dove prima non c’erano o c’erano in maniera anomala. Un trattamento procedurale, non invasivo, non farmacologico né chimico, in grado di modificare il funzionamento del sistema nervoso centrale (SNC), le connessioni tra neuroni.
Questo trattamento effettuato prevalentemente al mattino, con cadenza quotidiana, dà i suoi effetti già nel breve periodo diminuendo lo stato ansioso del bambino, migliorando il ciclo sonno-veglia, aumentando la sua soglia di attenzione. Conseguentemente si vedranno benefici anche dal punto di vista comunicativo e sociale dei piccoli pazienti affetti da autismo.